Cosa si mangia il primo maggio? La domanda si pone al momento della preparazione di un menù, per rendere questa giornata veramente speciale. Il primo maggio è un giorno particolare, ricco di significati e, renderlo speciale anche dal punto di vista gastronomico, è un impegno quasi morale.
Nei tempi dell’antica Roma si festeggiavano le calende di Maggio, si celebrava la bella stagione e la rinascita dei frutti della natura. Le tavole si imbandivano di primizie dell’orto abbinate a qualche buon formaggio stagionato e qualche salume pronto per essere consumato.
Come per molte altre feste di origini pagane, la chiesa associò il primo maggio alla festa di San Giuseppe artigiano e nel 1955 papa Pio XII° istituì questa festa perché potesse essere condivisa a pieno titolo anche dai lavoratori cattolici.
A stabilire che la Festa dei Lavoratori si dovesse festeggiare il 1° maggio, fu il congresso della Seconda Internazionale socialista tenutosi a Parigi il 20 luglio 1889 con la ratifica da parte dei rappresentanti dei partiti socialisti e laburisti europei riunitisi nella capitale francese.
L’origine di questa festa nasce in un periodo storico di grandi manifestazioni per i diritti degli operai delle fabbriche. Il primo maggio 1867 a Chicago, entrò in vigore la prima legge che stabiliva le otto ore lavorative giornaliere. La notizia arrivò anche in Europa, dove comunque si stava vivendo lo stesso fermento rivoluzionario partito in America.
La lotta per i diritti dei lavoratori non fu esente da tragedie in ogni parte del mondo; in Italia i primi a mettersi in moto furono i portuali livornesi. Ma soltanto nel 1923 fu riconosciuto questo diritto ai lavoratori italiani, per essere poi sospeso nel 1924 durante il periodo fascista. Soltanto nel 1947 il 1° maggio divenne festa nazionale dei lavoratori in Italia.
E quindi ora dimmi…con tutta questa fatica e questo sangue versato, vuoi veramente mangiare le stesse cose di un normale giorno di festa?
Cosa si mangia il primo maggio a Tarquinia
Il primo Maggio a Tarquinia si è sempre tenuta la Fiera delle macchine agricole che, in tempi senza restrizioni, iniziava il 29 Aprile e terminava il 1 Maggio, qualche volta anche il 2, a seconda del giorno della settimana in cui cadeva la festa. Alla festa che assumeva le caratteristiche di noi maremmani, venivano persone da tutte le parti d’Italia per vedere le novità sulle macchine agricole ma anche per girare tra le bancarelle dei prodotti tipici e di quelli artigianali. Ovviamente non è mai mancata quella dove comprare il tradizionale panino con la porchetta e le mosciarelle.
A Tarquinia il primo maggio però, oltre al classico panino della sagra delle macchine agricole, è tradizione pranzare all’aria aperta, magari organizzando la classica scampagnata con amici, colleghi e parenti. Ci si organizza per le grigliate di carne, con salsiccia, pancetta, e bistecche di collo di maiale e, chi non mangia il maiale, lo sostituisce con la bistecca di Maremmana, accompagnate da torte salate farcite con le verdure di stagione, ma anche focacce, la classica pizza alta da riempire con la mortadella o con capocollo e prosciutto e anche panini riempiti con prosciutto o salame.
Tipico cibo del primo maggio laziale sono le fave con il pecorino. Un connubio perfetto dove la dolcezza delle fave si sposa con la sapidità del pecorino. Le fave sono legume amato sin dall’antichità.
Apicio ne faceva largo uso e nelle sue ricette le mescolava a miele, uova, pepe, erbe e salse. A Roma, durante i festeggiamenti della natura che germoglia in onore della dea Flora, le gettavano in segno di buon augurio.
Scegliere una buona qualità di fave è fondamentale: devono essere turgide, non appassite e non devono avere macchie evidenti. Le fave si coltivano in tutta Italia, esistono quattro Presidi Slow Food: la cottòra che si coltiva in Umbria fra Terni, Amelia, e Orvieto, in Puglia c’è la fava di Carpino, le cui dimensioni sono più piccole rispetto alle altre fave.
Ad Enna abbiamo la fava piatta e larga, la fava larga di Leonforte, mentre a Ragusa abbiamo le fave di Cottoia di Modica.
Come tipo di pecorino consiglio di usare quello romano DOP, la cui zona di produzione comprende il Lazio, la provincia di Grosseto e la Sardegna. La maggior parte delle persone di Tarquinia solitamente passano il primo maggio alla Roccaccia, una zona piena di boschi e pinete dove ci sono degli spazi dedicati per fare il pic nic.
Ricordo che anche io con la mia famiglia, quando i miei figli erano ancora bambini, partivamo la mattina presto per accaparrarci la migliore area di picnic. Si allestiva lo spazio mettendo un tavolo apribile, delle sedie, si accendeva il fuoco e, mentre la brace cuoceva, tiravamo fuori i giochi da tavolo, le carte, le parole incrociate, i tamburelli e le biciclette.
Ricordo con nostalgia quei tempi in cui ci si divertiva con poco, in cui era facile fare nuove amicizie per giocare o semplicemente per scambiare due chiacchiere, condividendo il cibo che ognuno aveva portato, liberi da cellulari, social o altre diavolerie.
La scafata era sicuramente una delle ricette sempre molto apprezzate dalla mia famiglia ma anche dai vicini
Cosa si mangia il primo maggio a Teramo
Paese che vai, tradizione del 1° maggio che trovi. Ora ti porto In Abruzzo e in particolare a Teramo dove c’è un piatto della tradizione che ha origini antichissime: le Virtù teramane.
È un piatto tipico della cultura contadina e si preparava durante il cambio di stagione con tutti gli avanzi della dispensa. Era virtuoso arrivare alla nuova stagione produttiva con la dispensa non vuota. È infatti da considerare come un piatto di recupero, perché in passato nulla doveva andare sprecato ed era solo grazie alla bravura e alla creatività delle massaie che applicavano la cucina circolare senza conoscerla, che questo piatto oggi è parte della cultura gastronomica del luogo.
Oltre a recuperare i prodotti della dispensa e a non sprecare nulla, il piatto aveva anche un significato simbolico a livello sociale: infatti era consuetudine scambiarsi il piatto con amici e conoscenti e condividere la propria virtù o meglio la propria capacità di gestire la dispensa.
Le virtù teramane è un piatto laborioso perché tutti gli ingredienti vengono cotti separatamente, viene considerato un primo piatto ma, per la quantità di ingredienti presenti come carboidrati, verdure e anche proteine, vegetali e animali, oggi viene considerato come un piatto unico e il gusto finale ci ripaga per la fatica della lunga preparazione.
Cosa si mangia il primo maggio in Sardegna
La Sardegna è una terra ricca di tradizioni e di feste laiche e religiose, dove si unisce il sacro con il profano. Il 1° maggio in Sardegna coincide con le celebrazioni per la ricorrenza di due Santi. La festa più sentita, che coinvolge tutte le comunità sarde è la festa di Sant’Efisio. Viene celebrata dal 1656 per ringraziare il Santo che liberò la città di Cagliari da un’epidemia di peste.
Le celebrazioni sono organizzate dalla confraternita di Sant’Efisio e patrocinata dal Comune di Cagliari. Viene organizzata una lunga processione, sempre seguita da moltissima gente e anche dalle Tv locali e regionali, che dura quattro giorni dove le persone sfilano, vestite con i costumi tipici del loro paese.
La processione dimostra pienamente la personalità e la fede di questo popolo. Per questa festa di Sant’Efisio sfilano quasi tutte le comunità della Sardegna, creando un forte impatto visivo negli spettatori. I costumi indossati sono finemente lavorati con fili d’argento e diversi colori che cambiano a seconda del luogo di appartenenza ma anche dall’età di chi li indossa e vengono sempre impreziositi da gioielli e ornamenti come bustini, corpetti, bottoni, copricapi, cuffiette e bianchi soggoli.
I piatti tipici della festa sono la Burrida, le pardule e i dolci con mandorle. Il primo Maggio si festeggia anche un altro Santo importante in Sardegna, San Francesco di Lula. Il santuario, poco fuori dal Comune di Lula, accoglie tutti i pellegrini che arrivano dai paesi vicini, seguendo gli antichi cammini per la devozione. I pellegrinaggi iniziano ad Ottobre e terminano a Maggio.
Durante la novena vengono serviti e offerti ai fedeli su filindeu, una minestra cotta nel brodo di pecora e condita con formaggio e su zurrette, una sorta di sanguinaccio. A conclusione della festa viene fatta la processione dove il simulacro di San Francesco viene portato verso Nuoro accompagnato dai fedeli a piedi e a cavallo.
Il filindeu è la pasta più rara al mondo ed è un presidio slow food perché soltanto pochissime persone la sanno ancora preparare.