Questi Cappellacci con acquacotta in fonduta di pecorino sono un piatto originale ma che al tempo stesso tiene conto della migliore tradizione perché l’acquacotta, che costituisce la farcitura, è senza dubbio una delle ricette tipiche della nostra Tuscia che negli ultimi anni è stata maggiormente rivalutata dai grandi chef, ricevendo, per questo, nel 2024, il riconoscimento come prodotto agroalimentare tradizionale di Tarquinia, il cosiddetto PAT.
Che vino abbinare ai Cappellacci con acquacotta in fonduta di pecorino
Anche questa volta, come faccio per ogni mia ricetta, ho chiesto al mio amico Bruno Manfredini, sommelier al Ristòria Pepe Nero di Capodimonte sul Lago di Bolsena, quale vino potessi abbinare ai Cappellacci con acquacotta in fonduta di pecorino e lui, dopo aver letto la ricetta, mi ha consigliato il Tusco della cantina TreBotti. Un’azienda questa nata nel 2003 che si trova nel cuore della Tuscia e più precisamente a Castiglione in Teverina in provincia di Viterbo, al confine tra Lazio, Umbria e Toscana. A due passi quindi da Civita di Bagnoregio, la cosiddetta città che muore e dal lago di Bolsena il lago vulcanico più grande d’Europa; ed è proprio dalle eruzioni di questo lago che nascono i loro vini esplosivi.
Tutta la loro produzione è all’insegna della sostenibilità e si basa su una coltivazione dei vigneti biologica: i loro vini sono tutti 3S, ossia sostenibili senza solfiti, e provengono tutti da colture autoctone.
Il Tusco ad esempio è un Grechetto Rosso in purezza, un vino DOP anche detto il Sangiovese della Tuscia, perché considerato il suo clone locale. Nato da un vitigno autoctono le cui uve vengono raccolte manualmente verso la fine di settembre, il Tusco ha un colore luminoso rubino intenso, brillante e compatto con sentori fruttati di sottobosco, ribes e mirtillo, che all’inizio vengono sovrastati da profumi di spezie dolci. Al palato si dimostra un vino gentile e finemente strutturato che viene sostenuto da un’ottima acidità mentre nel finale si scoprono dei tannini intensi ma morbidi. Infine è un rosso che rimane fresco e quindi molto adatto a questi cappellacci, perché, con le caratteristiche che ho appena elencato, è in grado di tenergli testa e di esaltare il loro sapore.
Acquacotta una tradizione che si perpetua
Sono convinta che cucinare l’acquacotta qui da noi sarà una tradizione che si perpetuerà per sempre. Anche le generazioni future di massaie tarquiniesi continueranno a preparare, per le loro famiglie, questo piatto che fa parte ormai del vissuto della nostra Tuscia.
Una ricetta quella dell’acquacotta tipica della Maremma e del Lazio settentrionale, una vasta area che comprende le province di Grosseto, Viterbo e Roma fino ad arrivare in Tuscia, una terra storicamente nota per la sua povertà rurale.
Un piatto di cui non esiste una ricetta originale, perché ogni famiglia ne possiede una propria.
Una zuppa che, presumibilmente, nasce nel Medioevo e che ha rappresentato per secoli il pasto quotidiano della gente della Tuscia, soprattutto di quella parte meno abbiente della popolazione. Inoltre era il pranzo dei butteri, i famosi cow-boys della Maremma tosco-laziale, quando portavano al pascolo le mandrie dei buoi ed anche quello dei taglialegna quando andavano nei boschi.
Una ricetta poverissima che ha sempre avuto due ingredienti fissi, l’acqua ed il pane ed a cui venivano aggiunti di volta in volta, per darle sapore, gli ingredienti che in quel momento una massaia conservava nella propria dispensa: patate, pomodori, pecorino, uova o anche piccoli pesci oppure rimasugli di carne ed ossa di prosciutto. E dove non poteva mai mancare la verdura di stagione, come la cicoria oppure i broccoli, e le erbe spontanee come la mentuccia, che noi a Tarquinia chiamiamo nepitella.
Un piatto nato quindi per i lavoratori più umili, come pastori, contadini o carbonai che, soprattutto nei periodi di assenza da casa, dovevano disporre di un pasto nutriente con ingredienti facilmente reperibili e che, contemporaneamente, avevano la necessità di ammorbidire e rendere appetibile il pane raffermo che si portavano da casa.