Come usare le giuggiole: stagione, proprietà ed usi

La giuggiola un frutto da conoscere e non dimenticare

Pubblicazione: 10/11/2023

le giuggiole frutto dimenticato

Sicuramente nella vita ti è capitato di sentire qualcuno, oppure l’hai fatto tu stessa, esclamare “andare in un brodo di giuggiole” oppure “sono in un brodo di giuggiole”: ecco mi sento proprio così, in uno stato d’animo pieno di soddisfazione e di godimento, quando utilizzo questi frutti dimenticati per cucinare qualche ricetta.

Vorrei quindi farteli conoscere un po’ meglio, approfondendo la loro coltivazione e la stagione in cui maturano e devono essere raccolti, le loro proprietà e le eventuali controindicazioni che possono avere ed infine il loro utilizzo in cucina, condividendoti alcune ricette.

Le giuggiole, o anche detti cachi di giuggiola, il cui nome scientifico è Zizyphus, appartengono a quella categoria di frutti cosiddetti poveri e antichi, simili per dimensioni alle olive e con un colore che può variare dal verde al giallo fino al rosso intenso.

Provengono dall’albero di giuggiolo, originario dell’Africa settentrionale e della Siria, che, partito da quei Paesi, ha trovato poi il suo habitat perfetto ed il clima adatto alla sua coltivazione in Asia, soprattutto in Cina e India, diffondendosi infine in tutta l’area del Mediterraneo.

In Italia venne portato dai Romani che, accostandolo al concetto di silenzio, lo utilizzavano come pianta ornamentale per adornare i templi dedicati alla dea Prudenza, inoltre erano soliti fermentarne i frutti per preparare delle bevande profumate.

Il giuggiolo, noto anche come zizzolo o dattero cinese, appartiene alla famiglia delle rhamnaceae ed ha la forma di arbusto o di alberello di 4/6 metri; la sua tradizione, come ho accennato prima, è molto antica, oltre ai Romani infatti, anche i Greci utilizzavano i suoi frutti per realizzare un infuso alcolico.

Se l’importazione in Italia avvenne con i Romani, la sua diffusione si ebbe con i Veneziani che lo introdussero prima in Dalmazia, poi nelle isole della laguna ed infine sui Colli Euganei dove ancora oggi trova la sua zona di elezione più idonea.

Visto che fino a qualche decennio fa la giuggiola era un frutto molto comune, nella varie regioni italiane veniva appellata con nomi diversi: in Liguria e Veneto, rispettivamente “zizoa” e “zizoea”, in Umbria, Toscana e Lazio, “gensole”, “giuggiolo” e “giuggiola”, in Puglia “scesola” ed in Calabria “zinzulu”.

Come usare le giuggiole in cucina

Le giuggiole in cucina possono prestarsi a molti usi, sia nel dolce, soprattutto insieme al cioccolato, che nel salato in quanto, per il loro sapore dolce ed acidulo, riescono a conferire ad entrambe le tipologie di piatti un tocco particolare.

Possono essere consumate sia cotte che crude, anche se, a causa del loro deperimento molto repentino, le sue varietà, circa 80, non sono molto accessibili ad essere consumate fresche, in quanto non è semplice trovarle nei mercati.

Come frutti dimenticati e poco comuni, non si trovano neanche nella grande distribuzione, è invece possibile scovarli nei piccoli negozi oppure acquistando e piantando nel proprio giardino un bel albero di giuggiole.

Oltre alla possibilità di consumarli freschi, utilizzandoli magari al posto delle mele in alcune ricette dolci tipo crostate o strudel, i frutti delle giuggiole si prestano molto bene ad essere canditi oppure essiccati e possono sostituire l’uvetta nei biscotti secchi o negli altri prodotti da forno; inoltre è possibile trasformarli in confetture e in marmellate oppure realizzare degli sciroppi per dolcificare tè e infusi.

Se invece vengono conservati sotto spirito, possono prestarsi a degli abbinamenti originali ed essere di accompagnamento, ad esempio, a dei formaggi stagionati oppure a dei piatti di carne.

Anche il brodo di giuggiole, un liquore che si ottiene con questo frutto e di cui condividerò la ricetta insieme a quella della confettura e del risotto prosciutto e giuggiole, può essere utilizzato in tanti modi: per esempio come ingrediente in pasticceria, nella preparazione di cocktail particolari al bar oppure è ottimo da abbinare ad un gelato.

Oltre al loro utilizzo in cucina, le giuggiole però hanno delle proprietà benefiche e quindi nella cultura orientale venivano utilizzate anche per sfruttare queste qualità: per esempio nei matrimoni tradizionali cinesi vengono messe nella camera da letto dei novelli sposi come segno propiziatorio di fertilità.

Oppure gli abitanti dell’Himalaya ritengono che l’odore del fiore di giuggiola possa far innamorare le donne ed infatti, in quella zona, esiste la tradizione di raccogliere i fiori per preparare degli elisir d’amore mentre le foglie di giuggiolo vengono utilizzate in un mix di potpourri per aiutare a mantenere lontani gli insetti fastidiosi.

albero-delle-giuggiole

Coltivazione e stagionalità

La coltivazione del giuggiolo è presente da oltre 4000 anni in Cina e da lì si è diffusa in entrambi gli emisferi: alcune varietà sono state esportate negli Stati Uniti, in particolare in California e Florida, altre in Giappone, Iran, Afghanistan e nel bacino del Mediterraneo. Il primo a descrivere ed a classificare le varie specie della pianta di giuggiolo fu il botanico scozzese del XVIII secolo Philip Miller, famoso capo-giardiniere del giardino botanico di Chelsea.

In Italia, da quando è stata introdotta, questa pianta si è diffusa in tutta la Penisola, privilegiando però i terreni delle zone del centro e del sud, viste anche le sue caratteristiche che prediligono il clima mediterraneo caldo ed i terreni poveri.

Questo non vuol dire che al nord non si possano trovare piante di giuggiole e l’esempio più lampante di questa diffusione è quello di Arquà Petrarca, un borgo medievale veneto in provincia di Padova, famoso perché il padre del Canzoniere vi soggiornò gli ultimi anni della sua vita e che ha eletto questo frutto a simbolo del proprio territorio.

In questo Comune ogni anno ad inizio ottobre, nel 2023 sarà la 42^ edizione, viene organizzata una Sagra della giuggiola dove è possibile assaggiare i numerosi prodotti a base di questo frutto e conoscere anche gli abbinamenti più insoliti e golosi che possono essere sperimentati in cucina, che ha richiamato nelle ultime stagioni visitatori da tutta Italia.

Del resto nei vari comuni dei Colli Euganei, l’albero del giuggiolo ha trovato il suo habitat ideale, soprattutto nei territori che si trovano sui pendii esposti al sole.

In queste zone i suoi frutti appartengono fin dai tempi antichi alla tradizione contadina: c’era l’usanza infatti di conservarli per l’inverno e venivano consumati principalmente dalle donne a “filò”: queste signore altro non erano che delle filatrici che, nelle lunghe veglie invernali di stallo, avevano bisogno di continua saliva per rendere umide le dita e tirare il filo da avvolgere e, per raggiungere questo scopo, mettevano una giuggiola in bocca.

Il giuggiolo è un albero detto caducifoglio perché perde le proprie foglie nella stagione sfavorevole e latifoglio perché è una pianta dalle foglie larghe e arrotondate: arbusto o piccolo albero ha delle radici che vanno molto in profondità nei terreni in cui cresce e per questo lo rendono molto resistente a calure e siccità.

Produce un notevole numero di fiori di piccole dimensioni e dal colore bianco verdastro, la cui fioritura avviene tra giugno ed agosto mentre per la maturazione dei suoi frutti bisogna aspettare settembre, ottobre: chi le raccoglie fa molta attenzione perché i suoi rami sono pieni di spine.

Per questo motivo e per l’intreccio dei rami particolarmente fitto, in alcune regioni italiane,  questa pianta è stata utilizzata spesso per creare delle siepi difensive nei confini dei vari appezzamenti e che costituivano delle barriere del tutto impenetrabili.

La crescita del giuggiolo è molto lenta, quindi è un albero molto longevo che può diventare plurisecolare: è in grado di sopravvivere agli inverni freddi, con temperature che possono arrivare fino a −15 °C e, per svilupparsi, non ha bisogno né di un determinato tipo di terreno né necessita di particolari cure o concimazioni.

Produce durante l’estate i suoi frutti che vengono raccolti manualmente da agosto fino a ottobre quando cambiano colore e prima di diventare raggrinziti.

Ancora acerbe le giuggiole assomigliano alle olive per il loro colore verde brillante, la polpa croccante e un gusto che ricorda quello di una mela; il frutto maturo invece diventa marroncino-scarlatto e ricorda il dattero sia esteticamente che all’assaggio, tanto che l’albero viene chiamato volgarmente “dattero cinese”.

In media un albero può produrre dai 30 ai 40 chili di giuggiole, purtroppo però i suoi frutti freschi non durano troppo a lungo anzi, per accelerare i tempi, si cerca di confezionarli direttamente in campagna nel momento in cui vengono raccolti, facendo attenzione a eliminare le foglie e i frutti troppo maturi, per poi essere commercializzati in sacchetti o in piccoli imballaggi.

Quando sono fresche le giuggiole si mangiano come tanti altri frutti, con tutta la buccia e facendo attenzione al nocciolo interno, al contempo possono essere anche conservate in vari modi: essiccate, sotto spirito oppure essere trasformate in confettura, in caramelle e persino in aceto.

Proprietà e controndicazioni

La giuggiola oltre ad avere un sapore dolce, soprattutto se è di piccole dimensioni, ed essere utilizzata in cucina, possiede moltissime proprietà benefiche medicinali e qualche piccola controindicazione: oggi in molte culture e regioni del mondo questo frutto viene ritenuto un potente rimedio omeopatico.

Le giuggiole vengono considerate un vero e proprio toccasana per la salute: da secoli sono utilizzate nella medicina tradizionale cinese ed in quella coreana nel trattamento di malattie come la riduzione dello stress e come lassativo lenitivo per la stipsi cronica oppure di disturbi, come per guarire per esempio dalle ustioni, e vengono impiegate nell’elaborazione di integratori alimentari e di trattamenti erboristici.

Contengono ben 18 dei 24 aminoacidi che sono necessari per il corretto funzionamento del nostro corpo: ricordo che gli aminoacidi sono quelle molecole organiche che svolgono una serie di funzioni collegate al metabolismo cellulare e rappresentano i componenti fondamentali delle proteine, necessarie per la crescita e per lo sviluppo del corpo umano, favorendo la formazione di ossa, muscoli, sangue, ormoni, pelle e degli enzimi.

Abbiamo visto che la giuggiola è un frutto buono da consumare crudo, ma le sue proprietà benefiche diventano maggiori quando viene trasformato attraverso bollitura, stufatura, cottura o essiccazione: contiene circa l’8,7% di zuccheri, il 2,6% di proteine, l’1,4% di cenere, l’1,7% di pectina ed  l’1,3% di tannini.

Quella sua caratteristica di saper sopportare anche le temperature molto al di sotto dello zero, rende il giuggiolo molto resistente ai parassiti e di questo ne beneficiano soprattutto i suoi frutti nel mantenimento delle proprie proprietà benefiche.

Le giuggiole sono un concentrato di vitamine e minerali, per le prime sono 20 volte più ricche di vitamina C rispetto a tutti gli altri agrumi e ne contengono tantissime anche del complesso B, come la vitamina B1, B2 e B6, per i minerali, invece, sono un condensato di  ferro, calcio, manganese, potassio e fosforo.

Secondo alcune ricerche, questi frutti forniscono un valido aiuto nella salute cardiovascolare, migliorano il metabolismo, aiutano a purificare i vasi sanguigni ed a regolare la pressione sanguigna per il loro alto contenuto di flavonoidi e glicosidi.

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