A Piansano, un piccolo borgo nel cuore del Viterbese, ogni anno, il 6 gennaio, si preparano i mostaccioli, un dolce semplice e genuino, privo di decorazioni ma ricco di sapore. Questi dolcetti, privi di glassa, portando sulle tavole della Befana la semplicità e il calore della tradizione piansanese, celebrano la purezza dei sapori di un tempo, che purtroppo oggi non esiste più.
Sono molto affezionata a questa ricetta perché è una reminiscenza della mia infanzia, mi ricorda quando trascorrevo le giornate a casa della mia bisnonna insieme ai nonni materni ed a mia zia Nena: da lì partivo con lei per andare al forno del paese, che non era troppo distante, dove compravamo il pane, i biscotti e le torte ed ogni abitante del paese poteva infornare i propri dolci.
Perché negli anni ‘70 nei piccoli centri abitativi come Piansano non tutti potevano permettersi di possedere, nelle proprie case, un forno elettrico; il più delle volte si poteva contare solo su una stufa economica, che scaldava l’abitazione e che era anche dotata di un piccolo forno e di un ripiano a cerchi dove si cucinavano le pietanze quotidiane ma che non permetteva di preparare cibi in grandi quantità soprattutto nel forno.
Origine, tipologie e differenze dei mostaccioli
Quando si parla di mostaccioli o di mustacciuoli, quelli di Piansano non sono sicuramente quelli più famosi in Italia; generalmente si pensa a quelli napoletani, ai calabresi, ai pugliesi oppure a quelli abruzzesi, perché ogni regione italiana soprattutto del centro sud, possiede una propria ricetta di mostaccioli.
Come molti altri dolci, anche questi biscotti affondano le proprie origini nell’antica Roma: dei “mustacei” ne parla Catone il Vecchio nel suo “De Agri Cultura”, del II secolo a.C, tramandandoci che venivano offerti agli ospiti in segno di accoglienza ed erano preparati con farina, mosto, da cui il nome, cumino, anice, grasso e alloro e venivano cotti sopra delle foglie di lauro.
Nel tardo Medioevo alcuni scritti ci raccontano dei “mostazoli”, ovvero di biscotti a base di mosto cotto; più tardi, nel Cinquecento, vengono nominati da Bartolomeo Scappi, cuoco delle cucine vaticane sotto papa Pio IV e papa Pio V, nel suo trattato di cucina che conteneva più di mille ricette e per questo venne definita la più grande opera culinaria dell’epoca.
Inserì in questa sua opera due ricette dei mostaccioli, descrivendoli come dei “piccoli pasticci secchi” che possono essere serviti anche in apertura di pranzi particolarmente ricchi.
Nel corso degli anni si diffusero nelle varie regioni italiane ed in ognuna assunsero un sapore ed un aspetto diverso: si fece strada la tradizione di prepararli molto tempo prima, già da fine novembre o dalla Festa dell’Immacolata, in modo tale da farli durare per l’intero periodo di Natale.
Oggi quelli più famosi sono senz’altro i mostaccioli napoletani che fanno parte, insieme a roccocò, raffiuoli, susamielli e struffoli, della biscotteria tradizionale natalizia di tutta la regione.
La versione napoletana, sin dai suoi albori, si discostò dalle altre perché non prevedeva il mosto nell’impasto: la ricetta originale, ancora oggi in voga, contemplava farina, mandorle, zucchero o miele, cacao amaro, scorza d’arancia, acqua ed il cosiddetto “pisto”, un mix di spezie, contenente cannella, pepe, noce moscata, chiodi di garofano e anice stellato, a cui alcuni pasticcieri aggiungono anche del cedro o arancia candita oppure della confettura di albicocca.
I mustacciuoli napoletani classici vengono realizzati a forma di rombo e ricoperti da una glassa di cioccolato fondente ma nei biscottifici se ne trovano anche rivestiti con glassa al latte o al cioccolato bianco; inoltre si possono acquistare di due consistenze diverse, una più morbida e friabile ed un’altra con un impasto più compatto che, una volta raffreddato, diventa duro quasi come un torrone.
Ma quelli napoletani sono solo una delle tante varietà di mostaccioli: nel Salento a Natale non possono mancare i mustazzoli, di origine araba, i cui ingredienti principali sono farina, zucchero, cannella, miele mandorle e limone. Si differenziano dagli altri tipi per l’uso del cotto di fichi al posto del mosto d’uva, una differenza che viene evidenziata anche dal nome di questi biscotti che non deriverebbe da “mustum”, mosto, come gli altri, ma da “mustace”, ovvero alloro, che era usato nell’antichità per “profumare” i mustazzoli durante la cottura.
Un’altra versione dei mostaccioli è quella abruzzese che è forse la ricetta più vicina a quella originale antica, dove gli ingredienti principali sono il mosto cotto, la farina, il miele, le mandorle ed il cacao, a cui si aggiunge quella libidinosa glassa al cioccolato che rende questi biscotti morbidi un’esperienza dei sensi meravigliosa ed indimenticabile.
Senza la copertura di cioccolato fondente, sono invece i mostaccioli calabresi, chiamati in dialetto ‘Nzuddi, per la tradizione antica di aggiungere all’impasto del mosto e, talvolta, del lievito per dolci; oltre alla mancanza della glassa, gli ‘Nzuddi presentano anche un’altra caratteristica particolare: vengono modellati con le forme più disparate, da quelle umane, agli animali ed ai fiori. Questi biscotti nascono a Soriano Calabro, un piccolo comune in provincia di Vibo Valentia e, intorno a loro, esiste anche una vecchia leggenda: si narra infatti che fu un monaco a donarli alla popolazione che viveva un momento di carestia.
Grazie poi alle fiere di paese ed a quelle patronali, i mostaccioli si sono diffusi nel tempo anche nel resto della Calabria: oggi vengono preparati con farina bianca, miele, tuorli d’uova, strutto ed anice, a cui si aggiunge vino caldo oppure mosto cotto.
Esiste anche una versione siciliana dei mustazzoli, introdotti nell’isola dalla colonizzazione araba e che, da allora, fanno parte della tradizione natalizia siciliana: dalla consistenza morbida e dall’aroma intenso questi biscotti vengono realizzati con farina di grano duro, miele, mandorle, chiodi di garofano, vino cotto e semi di cumino che vengono cosparsi sulla superficie esterna.
Infine ci sono i mostaccioli sardi e quelli originali, sull’isola ne esistono altre versioni con ingredienti diversi, vengono chiamati dialettalmente mustazzolus o mustatzolus e nascono come un prodotto tipico della pasticceria di Oristano. La loro origine è medievale e si caratterizzano per il profumo di cannella e la glassa di zucchero che li ricopre: la ricetta originale viene preparata con farina di grano duro, lievito, zucchero semolato, a cui si aggiunge quello a velo per la glassa, cannella, scorza di limone e bicarbonato di sodio.