L’acquacotta con le puntarelle di zucchine è un piatto tipico della mia Tuscia, uno dei miei preferiti, che preparo molto spesso anche a casa per me e la mia famiglia.
È una ricetta antica che i nostri nonni cucinavano spesso e che, senza aver studiato, avevano già capito e anticipato il sistema attuale dell’economia circolare: oggi Slow Food e moltissimi cuochi sono dei fautori di questa filosofia.
All’epoca, soprattutto le famiglie numerose, ricavavano dei piatti con il poco che avevano a disposizione, utilizzando quello che era presente nel proprio orto, in questo caso la parte finale della pianta delle zucchine che non produceva più frutti.
Prima però di condividere la ricetta e di effettuare un focus sugli ingredienti che ho utilizzato per prepararla, mi sembra utile dare anche qualche informazione in più sulla storia e sull’origine sia delle puntarelle di zucchine che dell’acquacotta.
Quelle che a Roma e nel Lazio chiamiamo puntarelle o “grattaculi”, nel resto d’Italia sono identificate come i talli, detti anche tanni, taddi e tenerumi in Sicilia, e costituiscono la parte più tenera dello stelo, ovvero le foglie, i rametti ed i fiori che si trovano sulle estremità della pianta. Non sono altro, quindi, che le spighe che nascono sulle piante delle zucchine a cui bisogna togliere, quando le puliamo con un coltellino, le foglie rovinate e le parti più dure, eliminando i filamenti, come si fa con il sedano.
Tolti questi, per preparare un piatto gustoso, si prendono le parti più tenere ossia, oltre alle foglie ed ai rametti, i cavi, gli steli, con annessi i fiori che stanno sbocciando, e le zucchine di piccole dimensioni.
Le puntarelle solitamente sono molto rugose, a causa della miriade di “tenere spinette” di cui sono ricoperte ed è per questo motivo che nella nostra regione le chiamiamo “Grattaculi”, proprio perché provocano fastidio alle parti basse di chi si china a prenderle.
E’ una verdura che possiamo raccogliere noi stessi dalle piante di zucchine in primavera, se abbiamo creato un piccolo orto nel nostro giardino di casa oppure è ugualmente buona quella recuperata dalle zucche tra la fine ottobre e l’inizio novembre, quando ormai questo ortaggio ha terminato la sua crescita.
E’ impossibile, al contrario, acquistare i talli nei grandi mercati o nella grande distribuzione perché non è una verdura di largo consumo; se invece nella tua zona è presente un mercatino rionale con dei banchi di frutta e verdura controllati direttamente dai contadini, allora è più facile che tu possa trovarli.
Questo perché è una verdura popolare, poco costosa e contemporaneamente dal sapore delicato e gustoso che solitamente viene preparata come contorno, sia bollita e condita con sale, olio evo e limone sia ripassata in padella con aglio e peperoncino.
Molti però la utilizzano anche per condire una pasta fresca come le orecchiette oppure per preparare delle ottime polpette con l’aggiunta dei fiori di zucca.
Oltre ad essere un prodotto della terra genuino, le puntarelle possiedono anche delle proprietà nutritive, in quanto contengono sali minerali e potassio, aiutano la digestione, sono diuretiche e purificanti e soprattutto sono molto indicate nelle diete perché poco caloriche, 10 kcal ogni 100 gr.
L’acquacotta è invece un piatto tipico della cucina toscana, anzi più precisamente della bassa Maremma e del suo entroterra, un territorio che comprende le province di Grosseto, Viterbo, Roma fino ad arrivare qui da noi in Tuscia.
Sulla sua origine, la leggenda vuole che un viandante, arrivato nella piazza di un piccolo paese all’ora di pranzo, accendesse un fuoco, vi ponesse sopra un paiolo e vi versasse dell’acqua, aggiungendo due sassi lisci e puliti. Mentre aspettava che la pentola bollisse, gli si avvicinò una persona che gli chiese cosa stesse facendo; il viandante rispose che stava cucinando una minestra di sassi ma, alla domanda se fosse buona, rispose che se avesse avuto delle cipolle lo sarebbe stata di più: l’uomo accanto a lui gli rispose che le cipolle le aveva lui e le aggiunsero.
Arrivò una seconda persona che fece ai due uomini le stesse domande, ricevendo le medesime risposte e così venne aggiunta anche una cotica di maiale. Per non farla troppo lunga, ad ogni paesano che incuriosito si avvicinava al fuoco, lo strano cuoco si compiaceva del sapore della sua speciale minestra di sassi, sottolineando a ciascuno quanto sarebbe stata più gustosa “se fosse stato aggiunto un po’ di cicoria, qualche carota, un mazzo di erbette, un pezzetto di cacio e una fetta di pane”.
Alla fine tutti quelli che avevano contribuito alla zuppa, ne ricevettero una ciotola e la trovarono molto buona.
Come si evince da questa storia che raccontavano i nostri nonni, ci troviamo di fronte ad un piatto antichissimo che ha sfamato e che continua a nutrire intere generazioni di esseri umani; viene associato alle vecchie tradizioni contadine, in quanto era il pranzo tipico dei taglialegna nei boschi e dei pastori a cavallo, i cosiddetti butteri, quando seguivano le mandrie al pascolo e veniva preparato con i pochi ingredienti a loro disposizione.
Di questa minestra non esiste una ricetta originale, ogni regione, anzi ogni famiglia, ne possiede una sua, proprio perché può contenere tutto quello che al momento di prepararla si ha a disposizione.
Povera e semplice, è sempre stata comunque una ricetta del popolo dove alla verdura, l’elemento principale, si aggiungevano altri ingredienti in proprio possesso, a seconda di dove e di chi la cucinava: i pescatori la arricchivano con dei piccoli pesci, i pastori con il pecorino mentre le casalinghe recuperavano dai loro orti patate e pomodori o anche uova e ossa di prosciutto.
Oggi non si soffre più la fame come una volta e quindi anche questa zuppa è diventata meno “creativa” ma comunque si cerca sempre di prepararla con le verdure di stagione e con i prodotti freschi che si hanno a disposizione.
Focus ingredienti per l’acquacotta
Dopo aver spiegato passo dopo passo la ricetta, vorrei dare qualche informazione in più sugli ingredienti utilizzati per preparare l’acquacotta e tracciare un vero e proprio focus su ognuno di loro.
In passato, quando le massaie preparavano questo piatto, tutti i vari elementi venivano immersi nell’acqua e si lasciavano cuocere sopra una stufa, ora invece è opportuno differenziare le cotture, rispettando i tempi di ciascuno.
Questa ricetta dell’acquacotta con le puntarelle delle zucchine è, come accennato prima, sinonimo ancora oggi di economia circolare ma soprattutto è una zuppa prelibata e saporita a patto che, nella sua semplicità, vengano utilizzati ingredienti di prima qualità.
Come si evince dagli ingredienti, per preparare il soffritto ho utilizzato l’Aglio rosso di Proceno, un prodotto che ha ricevuto il riconoscimento del PAT, prodotto agroalimentare tipico, nel 2012.
E’ una varietà che viene coltivata sin dai tempi antichi, in questo comune e quello di Acquapendente entrambe in provincia di Viterbo: iniziarono gli Etruschi che ne fecero un grande uso, preferendo questa tipologia di aglio alle cipolle, grazie alle sue caratteristiche igieniche, curative, afrodisiache e stimolanti, imparando a concimarlo con la cenere.
Questo ortaggio trova la sua collocazione ideale nei terreni collinari di tipo argilloso, propri di questi luoghi, e caratterizzati da un clima mite e temperato: la semina viene effettuata tra novembre-febbraio, nella seconda metà di maggio invece viene eseguita manualmente la starlatura, ossia l’eliminazione dello scapo fiorale, meglio conosciuto come “tarlo” mentre la sua raccolta viene effettuata tra giugno e luglio.
E’ un aglio dal profumo intenso e dal sapore forte e dolcemente piccante che può essere consumato fresco o essiccato e che, come sua caratteristica specifica, possiede il pregio di conservarsi, in modo naturale, molto più a lungo rispetto alle altre varietà.
Per l’olio extravergine ho invece usato quello dell’Azienda Olitar di Tarquinia, un’impresa a conduzione prevalentemente familiare di proprietà della Famiglia Scibilia che da 4 generazioni lavora le sue olive o quelle di produttori che hanno comunque sede nel Lazio.
Il loro extravergine chiamato Don Angelo viene realizzato con i frutti colti tra i primi di ottobre e fine di novembre e, a causa di questi tempi così lunghi di raccolto, ha delle caratteristiche diverse a seconda di quali olive vengono utilizzate: nei raccolti di ottobre queste sono in prevalenza verdi e quindi danno vita ad un olio con un intenso profumo di olive fresche appena frante, un colore verde intenso e un retrogusto lievemente piccante ed amarostico. A fine novembre, invece con i frutti più maturi, l’extravergine ha un sapore molto più delicato e lo stesso colore cambia e da verde intenso si schiarisce e diventa in uno propendente al giallo.
Infine per le patate, la cipolla, i pomodorini e le puntarelle di zucchine mi sono rivolta all’Azienda Barucca da cui mi rifornisco da svariati anni e che coltiva verdura nei campi di sua proprietà, vicino alle Saline di Tarquinia.
E’ un’impresa a conduzione familiare attualmente rappresentata da Alessio che costituisce la 3^ generazione della famiglia; Alessio, pur portando avanti e rispettando le vecchie metodologie del nonno e del papà, ha introdotto macchinari e strumentazioni di ultima generazione per produrre anche nuove tipologie di verdure, pensando pure alle colture biologiche.
I suoi terreni coltivati sono a meno di un chilometro dal mare e perciò ricchi di salsedine che rende i prodotti da loro raccolti particolarmente saporiti. Inoltre, non utilizzando tende, serre e riscaldamento artificiale, la loro offerta di frutta e verdura segue esclusivamente la stagionalità come quella di un orto di casa e per questo è sinonimo di freschezza.