A Tarquinia la Pasqua è una ricorrenza molto sentita, sia per la componente religiosa, sia per quella folcloristica e culmina con la processione del Cristo Risorto.
La Pasqua si festeggia dopo i quaranta giorni di quaresima, periodo in cui era abolito l’eccesso di cibo, che veniva consumato senza condimenti. I pasti erano meno grassi e poco abbondanti, si prediligeva il consumo di verdure e si rinunciava ai dolci.
La processione del Cristo risorto
Il numero quaranta è un numero ricorrente nella letteratura biblica e simboleggia una misura di tempo spesa alla presenza di Dio: il popolo ebraico trascorre quarant’anni nel deserto prima di raggiungere la terra promessa.
Gesù trascorre quaranta giorni nel deserto prima di iniziare la sua predicazione, quaranta è il tempo di una generazione, quaranta sono i giorni e le notti del Diluvio Universale.
Quaranta sono inoltre i colpi della flagellazione, secondo la legge mosaica, e la quarantena, termine oggi purtroppo attualissimo, è un periodo di prova e isolamento, soprattutto in presenza di epidemie.
Nella liturgia cattolica quaranta sono le ore che intercorrono tra la morte di Gesù, il venerdì alle quindici, e la sua risurrezione, la domenica mattina.
Finalmente, finita la quaresima, arriva la Pasqua.
Tarquinia, storica cittadina nella Tuscia, la festeggia con una processione che è un momento di condivisione per tutto il paese, tanto che, nei giorni che la precedono, le famiglie non residenti tornano a casa per prepararsi al grande evento.
Il pomeriggio della domenica le strade cittadine sono gremite da una folla festante che aspetta di vedere la Statua lignea del Cristo Risorto e la sua processione.
È una festa che unisce credenti e non e fa rivivere, con un po’ di nostalgia, le stesse emozioni che si ripetono tradizionalmente da oltre due secoli.
Qualcuno non riesce a trattenere qualche lacrima di commozione nel vedere la Statua che annuncia la resurrezione, trasportata a braccia, di corsa al ritmo della marcia suonata dalla banda cittadina, preceduta da spari festosi, tronchi a forma di croce, lampade e stendardo.
Ci sono testimonianze di questa festa che risalgono al lontano 1778. Prima sembra si portasse in processione solo un dipinto.
Origini della statua del Cristo Risorto
La storia della processione è quasi una leggenda. Si racconta che a scolpire il Cristo Risorto ligneo fosse stato un carcerato del bagno penale di Tarquinia (Saline) poi accecato per impedirgli di riprodurre una statua di simile bellezza.
Nei primi anni ‘80 il pittore artigiano Balduini iniziò una ricerca per scoprire la vera storia del Cristo che corre.
La ricerca, non facile, portò alla luce l’autore vero della statua: a crearla fu Bartolomeo Canini su un modello di Pietro Tenerani.
Anche Vincenzo Cardarelli scrisse della processione del Cristo Risorto nella sua opera il sole a picco
Durante la processione del Cristo che corre le persone riempiono le strade e le piazze. La folla aspetta per ore, assiepata in ogni dove, e ognuno cerca di accaparrarsi i posti più suggestivi per assistere al suo passaggio.
Si rivela sempre un momento toccante per tutti i partecipanti e culmina con le campane che si sciolgono a festa e gli applausi della folla.
I figuranti della processione del Cristo Risorto
I figuranti e i diversi ruoli:
- gli sparatori, un gruppo di cacciatori di Tarquinia, che anticipano festosamente e rumorosamente il passaggio della processione sparando proiettili a salve pieni di coriandoli;
- la banda musicale di Tarquinia “Giacomo Setaccioli”, che suona la famosa marcetta per dare il tempo cadenzato ai portatori;
- lo stendardo azzurro della Chiesa di San Giuseppe, portato da due persone che rappresentano la congregazione dei falegnami;
- i sei portatori di lampade che simboleggiano la luce;
- i portatori di tronchi: quattro persone per ogni tronco, ruolo ambitissimo e tramandato di padre in figlio tra le famiglie del paese.
- i sedici portatori della statua
Il portatore di tronco è una figura fondamentale, perché deve camminare speditamente a suon di musica nei vari tratti di strada, sorreggendo il tronco con l’ausilio di una cintura di cuoio che avvolge la vita e sorregge la croce.
Le persone che si alternano al tronco sono tre, più una riserva. Sono supportati dall’aiuto dei familiari durante tutto il tragitto.
Nel mese che precede la festa durante le ore notturne per non essere disturbati nè visti, i portatori dei tronchi si allenano lungo le vie del centro storico di Tarquinia.
L’allenamento è necessario perché i tronchi sono alti circa 5 metri, hanno un un peso che va dai 75 ai 95 kg. Sono tutti addobbati con ghirlande di fiori e alloro ed è molto difficile trasportarli a tempo di musica e soprattutto di corsa.
Inizialmente veniva portato in processione un solo tronco che rappresentava la prima croce. Poi sono state aggiunte le tre croci di San Giuseppe e in seguito altre, fino ad arrivare a nove, il numero delle parrocchie del territorio.
Il decimo tronco del Cristo Risorto
I nove tronchi non escono mai dalle mura interne della città e quindi negli ultimi anni ne è stato aggiunto uno. Il decimo tronco, che aspetta la statua fuori dalle mura e lo accompagna in ospedale per la benedizione ai malati.
La statua del Cristo Risorto esce ogni anno alle ore 18,30 del giorno di Pasqua e percorre il centro storico di Tarquinia a suon di marcia andante con brio.
Il percorso prosegue fino al nosocomio cittadino, dove fa una breve sosta e saluta i malati. Riprende la corsa fino alla piazza Giacomo Matteotti dove impartisce la benedizione alla folla e alle terre agricole.
Al termine la Statua del Cristo Risorto viene trasportata all’interno della chiesa di San Giuseppe, da dove è uscita. Per quaranta giorni rimane esposta per poi essere coperta con un drappo rosso fino all’anno successivo.
La colazione di Pasqua nella Tuscia laziale
Un’altra tradizione mantenuta, in voga in tutto il Lazio e di conseguenza a Tarquinia, è la tipica colazione di Pasqua con uova sode, simbolo di mistero della vita e resurrezione, e decorate dai bambini. Non mancano affettati misti come il salame, preferibilmente del tipo corallina, la lonza o capocollo, coratella d’agnello (fegato, cuore, polmone)con carciofi o con cipolla . Frittate con asparagi e carciofi, e la tradizionale pizza di Pasqua.
La scelta era ampia: uova sode decorate dai bambini, e l’immancabile “pizza di Pasqua”. Il tutto era seguito poi dalla consueta colazione a base di latte e caffè.
Ricette pasquali della Tuscia
Eccoti la ricetta della pizza di Pasqua a Tarquinia
Le foto sono state gentilmente offerte da:
Antonietta Valerioti, Daniela Ciatti